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La città di Piacenza nell'affresco a Palazzo Farnese a Caprarola

In ricordo del Avv. Corrado Sforza Fogliani Presidente del Comitato Esecutivo della Banca di Piacenza

"Per gentile concessione della Direzione Regionale Musei Nazionali Lazio – Palazzo Farnese, Caprarola (VT)"
Si ringrazia per la disponbilità l'arch. Marina Cogotti e la dott.sa Adele Trani.

Testi della prof.ssa Valeria Poli e del dott. Marco Stucchi

In occasione degli studi compiuti per le celebrazioni dei 500 anni dalla posa della prima pietra di S. Maria di Campagna, la Banca di Piacenza ha commissionato una indagine sistematica delle fonti iconografiche cittadine.
Tra i documenti, di fondamentale importanza per la ricostruzione della storia urbana, è da ricordare la prospettiva dipinta nel palazzo Farnese di Caprarola (1559-1575), in provincia di Viterbo, dello stesso progettista del palazzo Farnese di Piacenza (1561): Jacopo Barozzi detto il Vignola.
Nella sala di Ercole, realizzata tra il 1566 e il 1573, vengono affrescate le prospettive delle città di Piacenza e Parma. L’affresco è realizzato, nel 1573, da Federico Zuccaro, con il quale collabora il parmigiano Jacopo Bertoja, utilizzando i disegni eseguiti, nel 1570, dal cartografo piacentino Paolo Bolzoni (ante 1546- ante 1609). È probabile che il Bertoja, documentato a Piacenza tra il 24 e il 28 novembre 1570, abbia colto l’occasione per ritirare, dopo il 22 dicembre, i disegni di Bolzoni per il cardinal Farnese. Paolo Bolzoni, o de Ponzonis come viene indicato nei documenti ufficiali ancora in latino, è autore anche delle raffigurazioni urbane a volo d’uccello dedicate a Piacenza (1571) e a Parma (1572), incise a Piacenza, per le quali viene pagato dalle rispettive Comunità.
Il confronto tra l’affresco e l’incisione permette di formulare l’ipotesi che certe evidenti differenze siano imputabili alla traduzione pittorica e alla collocazione del dipinto come sovrapporta e, quindi, alla necessità di valorizzare l’aspetto paesaggistico rispetto alla testimonianza documentaria.

Palazzo Farnese Caprarola Cattedrale di Trento

La prospettiva di Caprarola presenta una visione da nord prestando particolare attenzione al sistema bastionato e ad alcune emergenze soprattutto religiose. Contrasta con l’attenzione ai dettagli, riservati ai complessi monumentali, l’approssimazione del tessuto urbano.
La raffigurazione si inserisce nella ricca produzione di modelli urbani dipinti portati in trionfo dai santi protettori. Meno frequenti sono invece i modelli scolpiti come quello in argento realizzato, nel 1549, dallo scultore Leone Leoni per Filippo figlio dell’imperatore Carlo V. Il modello della città di Piacenza, andato perduto, era caratterizzato dalle “mura, fosse e castello, e principali palagi che fu cosa bellissima da vedere”. L’affresco di Caprarola predilige, vista la scelta del punto di vista, la visione della città vista dal Po.
Le mura moderne, avviate da papa Clemente VII de’ Medici e proseguite da papa Paolo III Farnese, sono concluse durante il principato Farnesiano (1525-1545) con l’aggiunta della cittadella pentagonale (1547) che non appare nell’affresco, ma che caratterizza tutte le incisioni a volo d’uccello della città tra XVII e XVII secolo. Il fronte nord è riconducibile alla seconda maniera italiana, del De Marchi e Castriotto, carat­terizzata da cortine brevi senza piatteforme e talora senza cavalieri a differenza della parte sud.
Particolare importanza ha la Fodesta, l’antica Fossa Augusta, canale navigabile che costeggia la zona retrostante il palazzo Farnese, l’antico alveo del Po, utilizzato per il trasporto di materiale da costruzione della chiesa di S. Sisto. L’antica abbazia benedettina, riedificata da Alessio Tramello alla fine del XV secolo, è caratterizzata da una ampia zona ortiva.

Cattedrale di Trento
Cattedrale di Trento
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Cattedrale di Trento
Cattedrale di Trento
Cattedrale di Trento

Grazie al confronto con la già citata l’incisione, che presenta ben 118 edifici nella legenda, è stato possibile individuare nell’affresco 35 edifici, alcuni dei quali scomparsi, che sono stati oggetto di scheda storica corredata, in alcuni casi, da approfondimenti, già editi da Marco Stucchi, che permettono di approfondire con visioni a 360° o sincronizzate.
Di grande interesse è la raffigurazione del palazzo Farnese presentato allo stato attuale del cantiere, diversamente dall’incisione che lo mostra idealmente concluso, distinto tra la cittadella medioevale e l’appartamento di Madama in corso di costruzione. Nel caso della chiesa di S. Sepolcro, invece, compaiono le cupole, progettate da Alessio Tramello nel 1498, che non saranno mai realizzate.
Di fronte alla chiesa di S. Francesco si trova l’alta torre, chiamata anche torrazzo di Piazza, che fa parte delle fortificazioni che cingono dal 1347 la piazza. La torre, abbassata nel 1607 è inglobata nel fabbricato ora chiamato il Dado.
L’architettura civile, oltre al palazzo della Comunità (oggi palazzo Gotico), è documentata dai due palazzi della fine del XV secolo: il palazzo Scotti da Fombio della fazione guelfa e il palazzo Landi della fazione ghibellina.


Il Palazzo Farnese a Caprarola (VT)

Cattedrale di Trento
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Cattedrale di Trento Cattedrale di Trento Cattedrale di Trento

Il progetto digitale

L’affresco conservato nella Sala di Ercole al piano nobile della residenza dei Farnese nel Palazzo di Caprarola, rappresenta la più bella rappresentazione della città di Piacenza nel XVI sec.
L’unicità dell’opera, così come descritto dalla prof. Poli, la suggestiva prospettiva offerta al visitatore, l’ottimo stato di conservazione e l’eccezionale dettaglio nella riproduzione dei monumenti e palazzi fanno di questo affresco una cartolina che ci riporta le lancette della storia a quasi 500 anni fa.
L’idea alla base di questo progetto digitale, condivisa a tra lo scrivente e la prof. Poli e sostenuta dalla Banca di Piacenza è stata quella di realizzare un prodotto digitale in grado di coniugare una documentazione fotografica dell’affresco di altissima qualità, ed una modalità di analisi e scoperta della città cinquecentesca per il lettore semplice e intuitiva, ma allo stesso con una solida base di ricerca storico e scientifica.
La prima fase dello sviluppo del progetto ha richiesto la digitalizzazione dell’affresco della città di Piacenza direttamente nel salone a palazzo Farnese a Caprarola, di cui si ringrazia ancora la disponibilità del Direttore per la concessione delle riprese. L’attività di digitalizzazione ha richiesto l’utilizzo della tecnica del gigapan; raffinata e potentissima modalità di documentazione utilizzata spesso nel settore dei beni culturali per ottenere immagini di altissimo dettaglio e fedeltà cromatica.
Con pazienza sono state realizzate 118 singole immagini dell’affresco, che successivamente sono state ricomposte attraverso uno specifico processo di post elaborazione in un’unica enorme immagine finale. Il processo di “cucitura digitale” delle immagini produce un'immagine finale enormemente più grande di un singolo scatto offrendo all’osservatore un dettaglio a volte non immaginabile. Il prezzo da pagare per risultati così significativi sono un tempo per le riprese estremamente lungo, un processo di post elaborazione molto impegnativo, robusta esperienza in tutte le fasi di lavorazione, strumenti ed attrezzature adeguati all'eccellenza del risultato finale.
Concluse le attività di ripresa e montaggio delle singole immagini, è disponibile l’immagine finale in tutta la sua ricchezza di particolari difficilmente identificabili e riconoscibili ad occhio nudo.
La preziosa attività di ricerca e analisi scientifica di Valeria Poli è stata quella di identificare palazzi, monumenti e chiese presenti sugli affreschi, molti dei quali ancora oggi presenti in città, ma alcuni altri non più esistenti, per cui la vista cinquecentesca di Caprarola ne fornisce una interessantissima testimonianza storica.
Sono stati identificati sulla xxx luoghi di interesse, tra monumenti, palazzi e chiese e ognuno di essi è stato graficamente identificato con un'etichetta contenente il nome. Lo studio dell’affresco della città di Piacenza non si è concluso con l’identificazione dei luoghi di interesse, di per già molto interessante, ma si è arricchita con la preparazione per ogni punto di interesse di una scena analitica con una descrizione storica.
È stato sviluppato un supporto software personalizzato per la collocazione di ogni singolo punto di interesse e per la gestione delle interazioni con l’utilizzatore quando l’immagine viene ingrandita e quando vengono aperte e chiuse le schede di approfondimento.
Il progetto è diventato grazie alla stretta collaborazione tra Stucchi e Poli, alla sinergia tecnologica digitale con quella storica scientifica dei due autori, un eccezionale strumento di analisi e di indagine spazio temporale della città emiliana. Un tuffo nella città del ‘500 che però mantiene ben visibili ancora oggi i suoi tratti seppur qualcuno non esista più.

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