- marcostucchi.com
(Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone, 1530-31)
Lungo tutto il fregio che corre sopra le bifore si trovano episodi della mitologia classica, racchiusi entro rettangoli e disposti su un fondo a foglia d’oro. Alternati alle scene di storia antica dei tondi a monocromo, troviamo dei che impersonano le passioni umane, uomini che vogliono farsi simili agli dei ed eroi virtuosi. Si vuole rappresentare in questo modo il cammino dell’umanità, da cui si comprende come la ricerca di Dio sia insita nel cuore dell’uomo fin dalle origini. Tale zona, inoltre, colpisce per la scelta dei colori, il moto e la drammaticità delle scene e l’uso sapiente dello spazio, quasi come se ci si trovasse di fronte ad un bassorilievo romano.
Le scene e i personaggi mitologici qui raffigurati sono: Nettuno e Anfitrite, Il ratto di Europa, Sileno ebbro, Bacco ebbro, Le fatiche di Ercole, Giove fulmina i giganti, Diana e le ninfe respingono i satiri e Venere e Adone.
Il dio Bacco ubriaco, divinitè legata al vino e riconoscibile dal capo cinto di pampini, viene trasportato dai suoi seguaci, mentre alcuni putti spremono l’uva in un recipiente.
La dea Diana nella tradizione antica era signora delle selve, abile cacciatrice, ma preposta anche alla salvaguardia delle fonti e dei torrenti, protettrice degli animali selvatici, custode della verginità. La divinità (forse la prima alla sinistra) è qui intenta, insieme alle ninfe sue compagne, a scacciare con arco e frecce i satiri, cacciatori violenti e brutali. Tali esseri sono la combinazione di un busto umano con corna, coda e zampe di capra e sono, generalmente, simbolo di lascivia. L’episodio potrebbe quindi essere letto come il trionfo di un amore casto e puro (quello di Diana) su quello dissoluto e lussurioso dei satiri.
Nella scena si possono riconoscere vari rimandi a episodi della vita di Ercole e, in particolare, ad alcune delle sue celebri fatiche. Le colonne alludono alle colonne d’Ercole, che costituivano i confini del mondo, varcati dall’eroe. Si possono, inoltre, identificare: l’amazzone Ippolita, della cui cintura Ercole doveva impossessarsi per superare la nona fatica; l’eroe bambino che strozza due serpenti mandati ad ucciderlo dalla gelosa Giunone; l’idra di Lerna, il mostro a più teste sconfitto nella seconda fatica; il centauro Nesso, ucciso dall’eroe perchè tentò di rapire Deianira, moglie di Ercole.
Giove si innamora di Europa, dopo averla vista sulla spiaggia insieme ad altre compagne. Il padre degli dei allora assume le sembianze di un toro, facendo salire la fanciulla sul suo dorso e portandola attraverso il mare fino all’isola di Creta. Dalla loro unione nascerà Minosse.
La raffigurazione è dominata dalla figura di Giove, seduto su una nuvola e affiancato da un’aquila, che ne è il simbolo. Egli sta per scagliare un fulmine contro i Giganti, che si sono ribellati agli dei dell’Olimpo e hanno tentato di farsi simili a loro. La presunzione dei Giganti è sottolineata anche dalla presenza tra i ribelli di alcune scimmie, che solitamente alludono agli aspetti degradati della natura umana, oppure ne costituiscono una misera e grottesca imitazione.
La scena è ambientata in mare ed è popolata da diverse figure, tra cui mostri marini e putti, uno dei quali regge il tridente di Nettuno. La figura femminile alla sinistra, avvolta in un panneggio arancione, è Anfitrite, una delle Nereidi (ninfe marine), mentre il personaggio maschile che cavalca un delfino è Nettuno. Anfitrite era oggetto del desiderio del dio del mare, tuttavia, non volendo prendere marito, si rifugiò presso Atlante. Scovata, poi, da un delfino mandato da Nettuno, fu costretta a sposare il dio. Dalla loro unione nacquero vari figli, tra cui Tritone.
Sileno è una divinità minore legata ai boschi, figlio di Pan e di una ninfa. Anziano nell’aspetto, egli ha il dono della saggezza e a lui spetta l’educazione del dio Bacco. Quando, però, non è impegnato in tale compito, Sileno cede completamente al vizio del bere, per questo viene spesso associato ai satiri e ai banchetti sacri a Bacco.
Nel fregio risalta la figura di Venere, sdraiata e dialogante con un giovane, probabilmente Adone, di cui la dea si era innamorata. Accanto a lei compaiono amorini con archi e frecce, mentre alcuni satiri stanno per essere scacciati, infatti uno degli arcieri del seguito della dea sembra voler indirizzare il proprio dardo verso di loro. In questo modo si intende contrapporre l’amore divino tra Venere e Adone a quello bestiale e lascivo dei satiri.