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Il tesoro dell'Abbazia di Nonantola

English version - The Abbey’s Treasure

Testi: Dott Jacopo Ferrari - curatore del Museo Benedettino e Diocesano d’Arte Sacra
Si ringrazia per la collaborazione nelle immagini di dettaglio il Dott. Carlo Tagliaferri

Il centro della visita al Museo Benedettino e Diocesano è rappresentato dalla sala del Tesoro Abbaziale: un nucleo di preziosi manufatti di inestimabile valore religioso ed artistico, testimoni odierni di un tempo ormai lontano in cui la liturgia celebrata in basilica voleva quasi rendersi tangibile per svelare i misteri della fede. “La mente si innalza al Vero attraverso le cose materiali”, scriveva Sugero, abate del monastero di Saint Denis in Francia. Ecco allora che queste opere, che il visitatore oggi può vedere da vicino nella protezione del museo, un tempo – ed ancora oggi in alcuni momenti dell’anno liturgico – servivano per impreziosire la basilica ed essere utilizzati per le funzioni sacre. Si conservano qui le tre stauroteche dell’insigne reliquia del legno della santa croce (a croce latina, a doppia traversa e a croce greca), il braccio reliquiario di san Silvestro I papa, la cassetta argentea dei santi Senesio e Teopompo e la cassettina in avorio.

Abbazia di Nonantola

Cassetta reliquiario dei Santi Senesio e Teopompo

Provenienza: Sconosciuta. Materiali: legno, lamina d’argento parzialmente dorata. Datazione: fine XII – inizio XIII secolo. Cassetta lignea coperta esternamente da lamine di argento lavorate a sbalzo in parte dorate e, all’interno, imbottita con drappi di seta rossa al fine di contenere i teschi dei Santi Senesio e Teopompo.
La parte anteriore mostra tre archi poggianti su colonnine lisce sormontate da capitelli fogliati sotto cui si trovano un angelo su una piccola nuvola, un leone ed un toro, entrambi alati, simboli degli evangelisti Marco e Luca. Un identico motivo viene ripetuto sul coperchio dove, però, sono effigiati i simboli dell’aquila e dell’uomo alato per rappresentare gli evangelisti Matteo e Giovanni.
Nel lato posteriore ed in quelli corti si ripetono quattro medaglioni identici contenenti la figura di un uomo in lotta con un leone su uno sfondo a racemi fogliati.
Gli elementi decorativi svolgono una funzione prettamente esornativa, essendo privi di intento narrativo, così come di un qualunque riferimento relativo alle vicende della vita o della morte dei Santi le cui ossa sono qui custodite.
In relazione a quest’opera sono state avanzate differenti ipotesi di datazione che ricoprono un arco cronologico compreso tra l’XI ed il XIII secolo. I raffronti stilistici più significativi si possono ravvisare con alcune opere di oreficeria prodotte e conservate in territorio veneto e che sono riconducibili all’attività di botteghe attive nella seconda metà del Duecento.

Museo Geologico di Castell'Arquato
Museo Geologico di Castell'Arquato
Museo Geologico di Castell'Arquato

Cassettina reliquiario d’avorio

Provenienza: sconosciuta (Bisanzio o area renana). Materiali: legno, avorio. Datazione: fine XI - inizio XII secolo.
La cassetta, di semplice forma parallelepipeda, è formata da un’anima di legno su cui sono state fissate placchette eburnee lavorate separatamente e, in parte, traforate o colorate di una pigmentazione rossa. Su tutti i lati e sul coperchio si ripetono i medesimi motivi decorativi variamente combinati tra loro e composti in modo da formare cornici concentriche. Nella parte interna del coperchio è fissato un lembo di pergamena tardiva recante l’iscrizione Vestimenta S. Stephani / Protomartiris. Dentro la cassettina sono stati ritrovati frammenti ossei e tessili oltre ad un’ampollina di vetro, un bastoncino di legno rivestito di stoffa ed un sacchetto porta reliquie.
Il reliquiario si presenta caratterizzato da un’estrema semplicità decorativa basata su una severa geometrizzazione e ripetitività dei singoli elementi.
Le rosette o croci formate dall’accostamento di piccoli cerchi concentrici incisi possono considerarsi varianti estremamente semplificate e stilizzate dell’arabesco formato da palmette o mezze palmette combinate tra loro, proprio della tradizione decorativa degli avori islamici. In questi ultimi, però, solitamente il raggruppamento dei decori non assume quella notevole intensità di iterazione che si rileva nell’esemplare nonantolano. Esso può pertanto considerarsi, per resa esecutiva e sensibilità stilistica, assai più simile ai manufatti eburnei realizzati in area renana sul finire dell’XI e gl’inizi del XII secolo. Durante l’età medioevale, infatti, la Renania, e in particolare la città di Colonia, furono caratterizzate da un particolare sviluppo delle arti suntuarie e, tra queste, la lavorazione dell’avorio raggiunse livelli di straordinaria qualità.
Dal momento che l’apparato decorativo svolge unicamente una funzione esornativa e non vi sono presenti riferimenti specifici a storie bibliche o della vita dei Santi, non si esclude trattarsi di un reimpiego di un manufatto realizzato in origine con funzioni profane, quali porta gioielli o porta incensi, secondo un uso ampiamente attestato nel Medioevo.

Abbazia di Nonantola
Abbazia di Nonantola
Abbazia di Nonantola

Stauroteca a croce greca

Piccola tavoletta di legno rivestita da una sottile lamina di argento dorato recante, al centro, un’apertura in cui è collocato un frammento di legno a forma di croce greca legato, nel punto di intersecazione dei bracci ed alle loro estremità, da fascette d’argento dorato. La lamina lascia intravedere alcune porzioni del legno sottostante, formando un semplice motivo geometrico decorativo a quadrati e piccoli triangoli.
A sua volta essa è contenuta entro una tavoletta di maggiori dimensioni con bordo rivestito d’argento e con un fondo di stoffa di colore rosso su cui è leggibile una fascia di pergamena con le parole De Cruce S.cti Petri, inserita in epoca successiva.
Tale tipologia di stauroteca non è grandemente diffusa, dal momento che la preziosità delle reliquie provenienti dalla Santa Croce o da quella di un martire godevano di grande venerazione e venivano conservate in reliquiari più suntuosi rispetto a questo.
Non mancano, però, le eccezioni, come una serie di piccoli reliquiari appartenenti al Tesoro della Basilica di San Marco di Venezia assai simili per struttura e decoro all’esemplare nonantolano.
Tali confronti, uniti alla semplicità del manufatto, inducono a datare l’opera tra il XIII e gl’inizi del XIV secolo.
Pur non essendo singolarmente menzionata rientra, con ogni probabilità, nel gruppo delle croci indicato come Item alia cruces incastratas in argento che appare ricordato nell’inventario dei beni dell’Abbazia del 1331. Nei documenti successivi è sempre menzionata come croce di San Pietro.

Reliquiario del braccio di San Silvestro

La lipsanoteca appartiene alla tipologia dei cosiddetti reliquiari parlanti, ovvero realizzati con una struttura che riproduce esternamente la forma della reliquia in essi contenuta. Si tratta, infatti, di un reliquiario a forma di braccio sulla cui sommità la mano coperta dalla chiroteca (guanto vescovile) mostra il dito indice ed il medio alzati in atto di benedire. Sul suo dorso è decorato un medaglione circolare raffigurante Cristo crocifisso affiancato da due stelle a sei punte. Lungo il bordo del finto guanto, decorato ad imitazione del pizzo, è incisa un’iscrizione che ricorda l’autore dell’opera, la data di esecuzione ed il nome dell’abate sotto cui essa venne eseguita. Essa recita: Hic argento clauditur brachium S. Silvestri Pape-De Bonis Sacristie Nonantulane tempore Venerabilis Patri set Domini Thoma de Marzapixis Civ. Bononiensis Decretorum Doctoris Anno MCCCLXXII-et Iullianus de Bonomia opus fecit.
Lo accompagna un grosso anello impreziosito da pietre colorate forse donato da Gian Galeazzo Pepoli (1407-1449) per supplire alla perdita dei due che in origine lo decoravano, come attesta un catalogo di beni abbaziali risalente al 1398: …brachium..ornatum optime de argento cum duobus anullis...
Nell’avambraccio vi è un’apertura a lobi gotici, contornata da un sottile bordo inciso e protetta da una lastra di vetro, che lascia vedere la reliquia. Attualmente il braccio è sostenuto da un piedistallo costituito da un prezioso coperchio di porfido al quale è agganciato con una ghiera di argento e che un tempo serviva invece come supporto per la Stauroteca della Santa Croce, come ricordano gli antichi inventari abbaziali.
Il braccio viene utilizzato per la liturgia il 31 dicembre di ogni anno, solennità di San Silvestro I papa, patrono di Nonantola.

Stauroteca a doppia traversa con Costantino ed Elena

L’opera è una tavoletta di legno di forma rettangolare rivestita, nella parte anteriore, da una lamina di argento dorato nella quale, in posizione centrale, è ricavato un incavo cruciforme a doppia traversa al fine di contenere un’ampia porzione (la seconda al mondo per grandezza) della reliquia della Santa Croce, a sua volta bordata in argento dorato.
All’incrocio delle traverse orizzontali col braccio verticale si trovano due piccole lamine rettangolari d’oro: quella superiore risulta priva di decorazioni, mentre l’inferiore presenta un’immagine, realizzata a smalto cloisonné, dell’Etimasia (trono di Cristo preparato per la fine dei tempi) come attesta l’iscrizione a lettere greche ai suoi lati. In essa si vedono il trono ornato con drappi colorati e cuscino, su cui sono collocati il libro dell’Evangelo e la colomba dello Spirito Santo. Dietro ad essa vi è una croce a doppia traversa, mentre ai lati si ergono la lancia ed il bastone di canna sormontato dalla spugna imbevuta di aceto, strumenti della Passione.
Nella metà superiore della tavola sono realizzati, a sbalzo, quattro angeli a mezzo busto adoranti e dolenti. Al di sotto sono le figure dell’imperatore Costantino e della madre Elena, insignite di corona e di nimbo, distinte dai loro nomi incisi a lato. Ai loro piedi c’è un lembo di pergamena inserita in epoca successiva con l’iscrizione De Cruce S.cti Andreae Apostoli.
La tavola è racchiusa in una teca di vetro bordata da una cornice di argento decorato a sbalzo, di più recente fattura, mentre in origine era accompagnata da un coperchio in lamina d’argento recante l’immagine della Crocifissione con Maria, San Giovanni e due angeli.
Lo stile e la composizione dell’opera inducono ad una datazione compresa tra la fine dell’XI secolo e la prima metà del successivo. Tale datazione trova conferma da confronti stilistici e tipologici con opere simili realizzate nel medesimo periodo e dalla particolare resa iconografica delle due figure imperiali, in tutto analoga a quelle dei regnanti bizantini di quell’epoca.

Abbazia di Nonantola
Abbazia di Nonantola
Abbazia di Nonantola

Stauroteca a croce latina

Stauroteca di legno a forma di croce latina rivestita da lamine d’argento dorato. Nella parte anteriore è visibile un frammento della reliquia della Santa Croce mediante un’apertura centrale, anch’essa cruciforme e lungo i bracci sono disposte cinque piccole teche circolari contenenti particelle di reliquie diverse.
La parte posteriore è ornata da sei medaglioni d’oro raffiguranti ciascuno un santo a mezzo busto e realizzato con smalti cloisonnés. I sei santi, dei quali quattro guerrieri e due guaritori, sono identificabili mediante la presenza di iscrizioni in lingua greca a fianco di ogni figura. Si tratta, partendo dall’alto del braccio verticale, di san Sansone l’Ospitaliere, san Damiano, san Nestore, sant’Artemio, mentre nel braccio orizzontale sono effigiati san Mercurio e san Procopio, tutti Santi venerati presso la Chiesa d’Oriente a partire dal X secolo. La scelta di collocare unicamente Santi militari e medici può essere spiegata a motivo del valore salvifico e taumaturgico del legno della Vera Croce, da cui derivano salute e fermezza contro il male, testimoniati nel mondo da queste due particolari tipologie di Santi. Essi provvedono, inoltre, a difendere e a recare protezione alla preziosa reliquia qui contenuta.
Nonostante le ridotte dimensioni dei medaglioni, le immagini sono descritte con notevole accuratezza.
L’insieme degli elementi permette di considerare la croce nonantolana un manufatto artistico di grande pregio di probabile origine costantinopolitana risalente alla fine del X secolo o ai primi decenni del successivo. La stauroteca è utilizzata per la liturgia ancora oggi: il Venerdi Santo viene portata in processione per le vie del centro storico ed il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, viene portata in basilica per una celebrazione solenne presieduta dell’Arcivescovo Abate.

Abbazia di Nonantola
Abbazia di Nonantola
Museo Geologico di Castell'Arquato
Museo Geologico di Castell'Arquato
Museo Geologico di Castell'Arquato

Polittico

Polittico con La Vergine in trono con il Bambino, la Crocifissione e Santi
Commissionato nel 1436 dall’ultimo abate regolare del monastero, il bolognese Gian Galeazzo Pepoli (il suo stemma è sul plinto della guglia di destra), il polittico giunse a Nonantola solo nel 1460, quando era già abate commendatario Gurone d’Este (il suo stemma è sul plinto di sinistra). Venne collocato sopra l’altare dell’abside centrale fino agli ultimi decenni del XVI secolo, quando fu spostato in sagrestia e sostituito dall’arca marmorea di San Silvestro. Nei secoli successivi il polittico subì diverse sistemazioni, fino al 2001 quando venne definitivamente esposto nel museo diocesano.
Autore dell’opera è Michele di Matteo Lambertini, pittore documentato a Bologna a partire dal 1410: formatosi secondo i modi di Giovanni da Modena, se ne distinse apportando un rinnovamento dell’arte gotica locale, grazie ai contatti con l’ambiente veneziano.
Vi sono rappresentati, a partire dal registro superiore da sinistra verso destra, i santi: Giovanni Battista, Michele Arcangelo, Pietro Apostolo, la Crocifissione con Maria e Giovanni Evangelista, Paolo Apostolo, Lucia, Anselmo (fondatore e primo abate del monastero), Bernardo, Martino, Silvestro I Papa (patrono di Nonantola), la Vergine in trono con il Bambino, Adriano III Papa (sepolto in basilica), Benedetto e Scolastica. Oltre ai santi benedettini, la presenza degli altri si deve all’esistenza del loro culto in cappelle dell’Abbazia stessa o in chiese ad essa collegate, come la pieve nonantolana di San Michele Arcangelo. Nella predella, il Cristo in Pietà affiancato dagli Apostoli rappresentati dialoganti a coppie.

Abbazia di Nonantola

San Carlo Borromeo battezza un neonato durante la peste

Ludovico Carracci (Bologna, 1555 – 1619)
Olio su tela; cm. 265x202

Madonna con il Bambino che consegna il rosario a San Domenico, Santa Caterina e misteri del Rosario

Elisabetta Sirani (Bologna, 1638 - 1665)
Coscogno, chiesa parrocchiale di Sant'Apollinare
Olio su tela; cm. 208x143

Abbazia di Nonantola
Abbazia di Nonantola

Ascensione

Maestro dagli occhi spalancati (Ferrara, attivo intorno al 1470 c.)
Terzo quarto del XV secolo
Tempera su tavola; cm. 217x182

La grande tavola, databile alla metà del XV secolo, è attribuita al “Maestro degli occhi spalancati”, un anonimo artista ferrarese della cerchia di Cosmè Tura, attivo al Palazzo Schifanoia di Ferrara insieme ad Ercole De’ Roberti e Francesco del Cossa.
La pala conserva la cornice originale su cui sono incisi i primi versi dell’inno “Ave Maris Stella”, antica preghiera alla Vergine Maria risalente all’VIII-IX secolo.
L’opera fu probabilmente commissionata per essere esposta nella cripta dell’Abbazia, in occasione di una riapertura al culto che però non si realizzò, dal momento che pochi anni dopo la stessa venne interrata. Rimase per lungo tempo dimenticata in un sotterraneo dove subì i gravissimi danni ancora oggi visibili e ad inizio ‘900 ne fu addirittura proposta la vendita per finanziare il restauro della basilica.
La scena di Cristo che ascende al cielo, circondato dagli angeli in festa che lo accompagnano, è collocata in un paesaggio marino, luminoso ed atmosferico, in cui si nota la presenza in lontananza di una città turrita circondata da montagne. In primo piano, la Vergine e gli apostoli assistono con stupore all’evento.

Abbazia di Nonantola