Testi: Dott.ssa Susanna Pighi e Dott.sa Daniele Costa - Ufficio Beni Culturali Diocesi di Piacenza e Bobbio
La Cattedrale di Santa Maria Assunta é senza dubbio uno dei monumenti più importanti del romanico padano. Una frase ineludibile sulla facciata indicherebbe il 1122 come data di inizio dei lavori. Alla prima fase di edificazione datano tra l’altro la cripta e il campanile alto 72,5 metri, concluso nel 1333 e sulla cui cuspide svetta dal 1341 la statua segnavento dell’“Angil dal Dom”. Di pregio sono gli architravi che si ammirano sulla facciata della cattedrale ascritti a Wiligelmo e Niccolò. All’interno appartengono al ricco apparato scultoreo le ben note formelle dei Paratici sulle colonne. Tra le pitture si segnalano affreschi medioevali e i cicli seicenteschi di santuario e cupola, dovuti rispettivamente a Ludovico Carracci e Camillo Procaccini e a Morazzone e Guercino.
Il museo annesso, inaugurato nel 2015 negli ambienti dell’ex Prevostura, narra la storia della chiesa madre della diocesi attraverso il patrimonio di arte e fede in essa custodito. Il percorso si snoda per nuclei tematici, secondo un criterio cronologico. Sono esposti il Libro del Maestro (cod. 65), testo chiave della liturgia piacentina risalente al XII secolo, qualificato da miniature significative e noto a livello internazionale, opere di importanti argentieri e preziosi tessuti liturgici, sculture lignee, il trittico trecentesco di Serafino de’Serafini, la deliziosa Madonna dello Zitto del fidentino Giovanni Battista Tagliasacchi.
Gli splendidi affreschi della Cupola ottagonale furono realizzati con il contributo del Vescovo Gianni Linati (1620 - 1627).
Le figure di David e Isaia sono del lombardo Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone dal paese di origini (1573 - 1625 ?). Chiamato a dipingere i Profeti nel 1625, morì dopo aver ultimato i primi due spicchi, ragguardevoli per cromia e composizione. Nel maggio 1626 gli subentrò il Guercino, che completò entro l’anno i sei scomparti restanti (con i profeti Aggeo, Osea, Zaccaria, Ezechiele, Michea, Geremia) e nel 1627 le lunette in cui si alternano quattro episodi dell’infanzia di Gesù (Annuncio ai Pastori, Adorazione dei Pastori, Presentazione al Tempio e Riposo durante la fuga in Egitto) a altrettante affascinanti coppie di Sibille, supporto alle rivelazioni profetiche in qualità di corrispondente pagano. Al Guercino compete anche la parte policroma nel fregio del tamburo, per la grisaille affidato ad aiuti. Gli stucchi coevi sui costoloni sono di Francesco Sala.
Le scale di salita ai matronei e la complessa articolazione dei percorsi interni sono tra gli elementi che suggeriscono l’ambito stilistico entro cui collocare la Cattedrale. La tecnica utilizzata considera la parete non come un piano chiuso, ma come articolazione supplementare dello spazio che attraverso veri i propri percorsi in spessore di muro mette in collegamento i vari piani dell’edificio, Tale tecnica detta mur épais, consente secondo la Romanini (1975) di collegare la cattedrale alle contemporanee architetture medioevali normanne e anglo-normanne. Le scale erano anticamente utilizzate da chi doveva recarsi nei matronei per assistere alle celebrazioni o raggiungere le parti alte della cattedrale per le frequenti manutenzioni delle coperture, nascondersi da pericoli e addirittura stipulare atti notarili.
A sinistra della facciata si erge la torre campanaria (ne era prevista una simmetrica) secondo schemi di origine normanna, con la parte bassa databile alla prima fase dei lavori, nel XII secolo. Alta 72,5 metri e realizzata in laterizio fu prolungata all’inizio del secolo successivo e conclusa nel 1333, come recita un iscrizione all’interno della copertura conica. Nel 1342 fu posto sulla cuspide l’Angil dal Dom, una statua dorata segnavento composta da 34 lamine di rame sbalzato, alta 2,33 metri e pesante 104,5 chilogrammi. Costituisce il più antico strumento meteorologico a uso degli abitanti e dei frequentatori della città. Sotto la cella campanaria quadrifora è sospesa una gabbia in ferro voluta da Ludovico il Moro nel 1495, sorta di deterrente per i malfattori dell’epoca. - Vedi la vista della città dalla base della cuspide
Il Vescovo Scalabrini nel febbraio del 1894 con una lettera rivolta al popolo enunciò ai piacentini le motivazioni di carattere etico ed estetico che lo avevano portato ad appoggiare l’ingente progetto di restauro che si rendeva necessario perché diversamente sarebbe stato difficile intervenire ed alto era il pericolo di crolli. I lavori furono affidati all’architetto Camillo Guidotti, l’intervento fu di “rimozione” e “consolidamento”.
Da un lato si volle riportare il Tempio al suo carattere originario, sollevando da tutte le superfetazioni accumulatesi nel corso dei secoli, procedendo così alla demolizione di numerosi altari, all’asportazione di grandi affreschi, riscoprendo antiche decorazioni per secoli scurate da dipinti o stucchi di epoche successive.
Dall’altro, riportando l’edificio ad un unico stile, quello originario gotico, si distrussero parecchie pagine di storia delle generazioni passate. Lungo il percorso sono ricoverate alcune parti lapidee appartenenti agli apparati plastico-decorativi della Cattedrale. Alcuni sono riconducibili agli altari barocchi che un tempo erano addossati alle pareti delle navate laterali, altre si riferiscono ai rifacimenti in stile commissionati per le integrazioni all’apparati scultoreo ammalorato.
Da qui si gode di una vista sulla città che aiuta a comprendere il rapporto tra il tessuto romano, ancora ben leggibile nell’articolazione delle vie in cardi e decumani, e la posizione della cattedrale stessa nell’angolo sud-est della conta muraria, nel punto in cui era raggiunta dalla via Emilia. Davanti a noi via XX Settembre, la “strà dritta” che unisce i due centri principali della città, la Cattedrale, polo religioso e Piazza Cavalli, sede del potere politico.
Ci troviamo nel sottotetto della navata centrale. Un lungo corridoio ligneo, che sormonta le volte, conduce in direzione della grande croce d’arenaria in facciata. Da qui si può vedere la parte soprastante delle volte esapartite. Le capriate della passerella si ispirano all’antica ordinatura lignea, smantella degli anni Settanta e sostituita con solai in latero cemento. Sormontiamo di circa 2,10 metri il punto di raccordo della volta con le murature principali e di 26,80 metri il piano delle navate sottostanti.